«…sentenziando che ero il ritratto sputato di papà, una cosa che mi aveva sempre riempito di orgoglio. E anche tristezza, perchè una volta la mamma mi aveva detto: «Sei la creatura al mondo che più gli somiglia. Tutte le volte che ti guardo penso a lui». Aveva sorriso, ma nei suoi occhi c’era una disperazione che non so descrivere. Un senso di fine, una nostalgia struggente che non se ne sarebbe più andata».
Sono le stesse parole che anni fa mi rivolse mia madre, e mi misi a piangere , a frignare, sentii dentro di me una profonda lacerazione, un dolore senza fine, mi sentii investita di una missione che non mi apparteneva: farglielo sentire ancora vicino.
Mi spaventai, la cosa mi spaventò immensamente, ma poi…poi ho capito che il suo dolore era più grande del mio, che il mio dolore era diverso dal suo, lei aveva perso la persona alla quale appoggiarsi, la persona che avrebbe voluto sostenere e che l’avrebbe dovuta sostenere, io avevo perso il primo amore della mia vita, il mio supereroe, io avevo perso la persona che mi capiva, ma che non sarebbe mai stato il bastone della mia vecchiaia, perchè io al fianco avevo, ed ho tutt’ora, il Ferrari, che mi sostiene e che sarà il bastone della mia vecchiaia.
Dopo la mia reazione, non me lo disse mai più, non era preparata a questa mia reazione, ma io presi consapevolezza di questa forte somiglianza sia fisica che mentale con lui, quel sottile cordone che ci aveva sempre legati, che si era interrotto, ma che per la MiaMamma poteva essere di consolazione, almeno quando mi vedeva e quando parlava con me, forse, si poteva sentire meno sola.
Adesso a distanza di anni da quella frase, qando posso vado dalla MiaMamma e mi faccio abbracciare stretta stretta e la abbraccio forte forte, stretta stretta, cercando di trasmetterle il calore di un marito perso giovane, provando ad ascoltarla e a sostenerla come lui.
Come lui che per me è un padre che mi manca tantissimo.