Di un compleanno passato in maniera pimpante e frizzante, con LaMiaMetà, con gli amici, seduti attorno ad un tavolo, facendo a gara a chi le sparava più grosse ridere, ridere, ridere fino ad avere male alle mascelle ed alla pancia.
Vorrei scrivere di aver passato un compleanno in giro per la città con LaMiaMetà, da soli, facendo merenda in un locale del centro, per poi continuare la nostra passeggiata, ed io che mi fermavo ogni 2×3 a scattare foto.
Vorrei scrivere di un compleanno passato a mangiare una fetta di torta con la famiglia.
Invece sono qui a scrivere di un compleanno alternativo, quest’anno a livello di “alternativo”, ci siamo superati, abbiamo dato il meglio di noi stessi.
Ma va bene così, avremo tanti altri compleanni davanti per recuperare le risate, le chiacchiere, le mangiate e le fette di torta.
Va bene così, l’abbiamo passato assieme sorridendoci come sempre, ma lui forse un po’ più triste ed insofferente, ma a me è bastato, svegliarmi presto, quando fuori era ancora buio, per andarlo a svegliare, tanto io parto sempre con il buio, mi serve, mi occorre uscire con il buio per rimettermi assieme e dare un minimo di programma alla giornata.
Entrare in ospedale all’alba di una domenica mattina ha del surreale, nessuno in giro, le poche persone in giro sono assonnate dopo una notte di lavoro, oppure stanno entrando in servizi, molto probabilmente, la sera precedente hanno fatto tardi, con amici, famiglia o da soli, ma tirando tardi.
Entrare in reparto la domenica mattina quando le luci sono ancora spente, allungare subito l’occhio verso la camera 4 e tirare un sospiro di sollievo quando vedo ancora tutto buio, allungare il collo, fermandomi sulla soglia, per non fare rumore, per non svegliarlo nel caso stesse dormendo.
Tirare un sospiro di sollievo quando lo vedo dormire e mi sembra che sul viso abbia una espressione distesa e rilassata;
“Bene”, mi dico, “sta dormendo, mi sembra sereno, ha passato una notte tranquilla”.
Aspettare con pazienza in “soggiorno” che si accendano le luci e cominci la normale routine infermieristica, tornare a sbirciare.
E probbilmente sente avvicinarsi la mia presenza, se prima aveva il capo girato verso la finestra e gli occhi chiusi, adesso, appena mi affaccio alla porta, gira la testa ed apre gli occhi, mi guarda con lo sguardo un po’ annebbiato, ed il sorriso mi torna sulle labbra.
Sorrido ed intanto lo spio bene bene, prima di porre la domanda fatidica “Dormito?”.
Mi accenna di sì, gli prendo la mano e gli accarezzo la fronte ed aspetto che cominci il suo racconto, che riprenda il discorso, fra di noi, dalla sera precedente, quando ci siamo salutati a malincuore.
Sappiamo che davanti abbiamo 12 ore, molte delle quali passate lontani, lui in stanza ed io fuori da quelle porte in attesa, ma sappiamo che abbiamo davanti un altro giorno da passare assime, da raccontarci, da parlare, di sguardi e di silenzi, di passeggiate nei corridoi e di tempo passato seduti uno di fronte all’altra nel tentativo di vita normale in ospedale.
Vorrei provare rabbia, delusione e quant’altro per il compleanno alternativo, ma non è così, c’eravamo tutti due, eravamo assieme, ancora e sempre NOI due.
Buon compleanno a me.