Un tranquillo pomeriggio autunnale, in casa c’è silenzio, ne approfitto per leggere un po’.
All’improvviso questa quiete e rotta dallo squillo del campanello.
E’ un’amica vicina di casa che mi chiede se può entrare, se non disturba, perchè avrebbe bisogno di parlarmi.
Viste le ultime vicende personali e condominiali, la faccio entrare e accomodare.
Vedo il suo imbarazzo, la sua ritrosia, “sento” la sua paura, le chiedo se posso offrile qualcosa, mi debbo inventare la qualsiasi per sbloccarla e capire il perchè della sua visita, che mi sembra alquanto strana, ci siamo sempre incrociate fuori, sulle scale o in giro per il paese, abbiamo sempre scambiato due parole fermandoci in giardino o sopra ad una panchina in un parco del paese, non mi capacito di questo suo entrare in casa.
Finalmente dopo averle offerto tè, caffè, cappuccino, acqua o una qualsiasi bibita, mi dice che al momento non vuole niente, ha solamente bisogno di parlare.
“Sai 15 giorni fa ho fatto la mammografia con lo screening, mi hanno chamata, ho già fatto tutti gli accertamenti mi hanno diagnosticato un tumore al seno infiltrante”
Mi sono gelata, mi sono sentita aprire la terra sotto ai piedi, il neurone è andato il tilt (non ci posso redere, ancora…ancora un’altra donna…e adesso?)
“Sai è da un paio di giorni che ne parlo con mio marito, lui ascolta, mi risponde, mi dice cose, ma io ho bisogno di parlarne con chi ne sa, con chi ci è passata”
Da lì in poi è tutto un defluire di parole, di paure, di dubbi, del mio ascolto, senza interromperla e cercando di rimanere concentrata per rispondere a segno alle sue domande che ogni tanto mi poneva.
E’ stato un pomeriggio lungo, impegnativo, intenso, sfiancante, ma alla fine, dopo circa 4 ore è uscita, si è diretta al piano sopra, con lo sguardo un po’ più sereno, e la ruga profonda in mezzo alla fronte era un po’ meno accentuata.
E adesso si lascia uno spiraglio sempre aperto all’ascolto e al supporto.