Un treno, la tristezza della goirnata piovosa, la stanchezza che comincia a farsi sentire, la malinconia del sapere che fra un paio di ore gli storici del Cadore torneranno fra le loro montgne e noi ci sentiremo un po’ più soli.
Già ci mancano, già i pensieri ricominciano a farsi pesanti e tetri.
Tutto quello che il venerdì avevo lasciato a casa, mi si rimette sulle spalle.
Con lo sguardo perso fisso il finestrino ed intanto il treno si muove lentamente in direzione Bologna.
Accendo il tablet e mi appresto a leggere, cercando di distrarmi dai tristi pensieri che mi stanno assalendo,sto cercando di alleviare la tristezza pensando che per due ore e 5 minuti potrò leggere e sarò capita.
Ogni tanto lo sguardo si alza, quando percepisco qualche movimento attorno a me, la prima volta alzo lo suardo al passaggio di una persona, guardo les palle e la schiena di questa persona, cercando di capire se anche lei, perchè si tratta di una donna, prova la stessa mia tristezza, cercando di capire se il suo è un viaggio di andata o di ritorno.
La guardo finchè non sparisce dalla mia visuale, poi ricomincio a leggere.
Dopo un po’ di tempo, avverto di nuovo un mvimento, alzo gli occhi e rivedo la stessa persona che sta tornando indietro, per un attimo i miei occhi la vedono…un lampo, un fulmine, un sorriso, la conosco, eccome che la conosco.
Guardo il Ferrari che ho a fianco, la Tata si accorge del mio cambiamento e mi guarda con occhi incuriositi, intanto io sporgo la testa dal sedile e fisso di nuovo le spalle e la schiena di questa donna, ed ho la conferma, la conosco, eccome che la conosco, la conosco molto bene.
Guardo di nuovo il Ferrari e la Tata, li guardo e sandisco “E’ la Cecilia”
Non finisco la frase, che mi alzo in piedi di scatto, con un sorriso che va da orecchio a orecchio e mi metto all’inseguimento, ad un certo punto non la vedo più davanti a me, capisco che da qualche parte si è seduta e comincio a scrutare le persone sedute, tutte occupate, chi a leggere, chi a guardare il paesaggio piovoso fuori dai finestrini, chi a chiacchierare con le persone vicine, finchè la vedo, è lei, mi illumino, mi fermo, la guardo e le chiedo cosa ci sta facendo sullo stesso treno che mi sta riporando a casa.
E’ un attimo, la gioia mi sopraffà, mi abbasso e la abbraccio, la stringo, sento il calore del suo abbraccio sciogliere il nodo di tristezza infinita che mi stava attanagliando.
Un abbraccio, due chiacchiere e, come solito, mi rassicura, mi scalda, le sue parole mi confortano, mi abbraccia ancora ed io mi sento meglio.
Ci salutiamo ,io torno ai miei compgni di viaggio, lei torna alle chiacchiere con le sue amiche.
Io mi sento confortata e il rientro mi sembra meno triste.
Un abbraccio è il luogo più rassicurante in cui rifugiarsi.